Il segreto della motivazione

Quel che devi ai tuoi genitori

L’ottimista vive nella penisola delle infinite possibilità.

Il pessimista è incagliato nell’isola della perpetua indecisione.

William Arthur Ward

”Vorrei finire l’università.”

“Devo dimagrire.”

“Devo chiudere questa relazione.”

“Voglio iniziare una mia attività.”

Tutti noi “vogliamo” fare molte più cose di quelle che riusciremo mai a fare. Ma volere non basta.

Come mai tanti di noi non riescono a mettersi davvero in marcia per ottenere ciò che sembra importargli tanto? Forse è perché non desideriamo quelle cose abbastanza? O forse è perché vogliamo così tante cose che non riusciamo a scegliere quale sia importante davvero? O ancora, può essere che non sappiamo davvero quello che vogliamo?

Secondo lo psicologo Hugh Pates, ci sono molte cose che ci piacerebbero fare, ma è il volere davvero qualcosa che farebbe la differenza tra ciò che resterà in un cassetto e ciò che vedrà la luce.

Se ti stessi chiedendo che cosa tu voglia fare con la tua vita, sappi che ciò che stai

facendo proprio ora è ciò che realmente vuoi. Hugh Pates

Se così fosse, come potremmo passare dalla teoria alla pratica, dal debole proposito alla ferma intenzione?

Le scienze cognitive ci offrono una possibile risposta, apparentemente troppo semplice, ma piuttosto sensata.

Secondo Ron Siegel, professore di psicologia dell’Università di Harvard, “I nostri cervelli moderni funzionano ancora sulla base del più antico scopo evolutivo, la sopravvivenza in un ambiente pericoloso. Per milioni di anni, abbiamo sviluppato strutture neurali specializzate nel riconoscimento dei segnali di pericolo. La prospettiva di venire attaccati acquisiva necessariamente priorità rispetto ad altre necessità neurologiche.”

Solo quando ci sentivamo fuori pericolo –o ben protetti da esso-, ci prendevamo il lusso di pensare di più alle esperienze gratificanti: l’arrivo della primavera; l’abbondanza di cibo; la ricerca di un compagno di vita; il divertimento derivato dalla compagnia del nostro clan. Con le nostre menti in pace, potevamo inventare strumenti utili, creare ceramiche, dipingere, fare musica, scrivere poesia o raccontare storie.

Il professor Siegel crede che la mente moderna abbia ancora questa distorta attenzione preferenziale. Siamo semplicemente “impostati”, egli crede, per aspettarci e percepire minacce, cioè esperienze spiacevoli, piuttosto che fantasticare riguardo a quelle piacevoli. Forse, questo perpetuo cinismo, questo pessimismo, non sono altro che il risultato dell’attuale utilizzo di un obsoleto schema evolutivo. E forse, l’ottimismo del “posso farlo” deriva dall’apprendimento di nuovi schemi, parte di un più versatile insieme di risorse cerebrali.

Potrebbe questa semplice idea darci la chiave per auto motivarci convertendo i nostri “mi piacerebbe fare” in “voglio fare”? Potrebbe trattarsi solo di imparare nuovi modi di sviluppare la nostra attenzione?

Potrà apparire come un qualcosa di scontato, ma forse, il tutto può essere ricondotto all’imparare a concentrarsi anche sul positivo, invece che solamente sul negativo.

Facciamo un esempio: Un fumatore incallito che sa di dover smettere scopre una condizione medica che risulta aggravata dal fumo. Il suo dottore gli spiega più volte i rischi ai quali va incontro, ma egli non riesce comunque a smettere, affermando di non essere ancora pronto.

Secondo la visione del professor Siegel, questa persona sta automaticamente richiamando alla memoria tutti i ricordi spiacevoli, le sensazioni, i sentimenti, associati alle sue esperienze passate riguardo allo smettere di fumare. Il bisogno incessante, la fatica, l’inquietudine e l’irritabilità, gli ritornano tutti alla mente, ricordandogli la spiacevolezza provata l’ultima volta che aveva smesso di fumare.

Ma quello che non gli viene in mente sono le gioie; il sentirsi meglio dopo un paio di settimane, le energie recuperate, la libertà dal bisogno, la fine dell’insistente tosse e, in particolare, la gioia che viene dal realizzare qualcosa.

Egli dice di “voler” smettere, ma poi afferma anche di non essere realmente pronto, suggerendoci che non voglia realmente smettere.

Quanti di noi passano ogni giorno attraverso questi piccoli rituali di evitamento? Dite a voi stessi di voler fare qualcosa, ma pensate istantaneamente alle ragioni per cui non siete “pronti”? Dite a voi stessi di voler perdere peso ma cancellate subito l’idea perché non potete cominciare prima di lunedì? State evitando quel fondamentale confronto con qualcuno perché temete troppo le conseguenze negative più di quanto vi immaginate le positive?

State accumulando attività completate o vi resta solo un cassetto stracolmo di sospesi?

Allora, da dove iniziare?

Secondo il professor Siegel si può provare un semplice esercizio:

Scegliete una di queste attività che continuate a rimandare e prendete un foglio di carta. Ora dividetelo in due colonne, “piaceri e dispiaceri” e andate alla ricerca, questa volta, più di piaceri che di dispiaceri.

Il nostro fumatore incallito scriverà tutti i ricordi spiacevoli connessi allo smettere di fumare nella colonna dei “dispiaceri”. Poi, cercherà di evocare tutti i ricordi positivi connessi alle sensazioni che ha sperimentato smettendo di fumare. Deve ricordare ciò che ha provato dentro di sé durante la sua vita da non fumatore.

Ricorderà che poteva respirare più profondamente e liberamente, che la sua energia era più stabile e che dormiva meglio. Gli verrà in mente che la sua pelle aveva assunto un colorito più sano e che il cibo aveva un gusto migliore. Ricorderà che si sentiva libero, in controllo della sua vita. E allora potrebbe anche rendersi conto che anche altre cose erano migliorate.

Armato di una nuova lista di motivi, egli potrebbe finalmente avere la possibilità di conquistare il suo demone, perché ora lo vuole davvero.

E voi? Quante cose continuate a rimandare perché ancora non le volete davvero? Di quante cose vi siete limitati a vedere i lati negativi e non quelli positivi?

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