Tra giusto e sbagliato

Quel che devi ai tuoi genitori

Ben oltre le idee di giusto e di sbagliato c’è un campo, ti aspetterò laggiù.

Jalāl al-Dīn Muḥammad Rūmī

Chi di noi non ha mai desiderato vincere una discussione per il puro piacere di avere ragione?

Sentirsi nel giusto è, nella nostra cultura, uno dei temi più ricorrenti e del quale sembra non possiamo fare a meno.

Da ciò che accade nel nostro piccolo, sino alle vere e proprie battaglie sulle divergenze di opinione riguardo a religione, politica, aborto, eutanasia, o in qualsiasi altro conflitto d’idee, essere nella ragione appare quasi come motivo stesso dello scontro, perdendo la possibilità di arricchirci del punto di vista altrui.

Anche la scuola, sin da piccoli, ci allena a pensare in termini di giusto o sbagliato quando ci premia con voti positivi di fronte a quella che ritiene essere la risposta esatta; impariamo a evitare l’imbarazzo di sbagliare (meglio stare in silenzio che rischiare di dire una stupidaggine), a voler essere bravi come o più degli altri, educati alla competizione e alla ripetizione, invece che alla condivisione e alla creatività (quella che sembrava una stupidaggine potrebbe, invece, stimolare nuove idee).

Eppure, giusto e sbagliato, bianco e nero, buono e cattivo, sono facce indivisibili di una stessa medaglia; siamo noi a sentire il bisogno di mettere ordine in una realtà che non comprendiamo e che ci fa paura, scegliendo etichette con le quali catalogare ciò che ci circonda. La realtà, però, nell’ordine finisce inevitabilmente per perdere qualcosa.

Dove finiscono le sfumature?

Come possiamo uscire dalla dicotomia a noi tanto cara utile a fingere che ogni cosa abbia un suo posto sempre e comunque?

“Se non è bianco, allora sarà nero”

Inoltre, cercare di far rientrare tutto in categorie distinte, ci spinge allo sforzo immenso di rimanere noi stessi in uno spazio ristretto, essendo anche noi parte di questa realtà che cerchiamo di prestabilire.

Se le porte della percezione fossero liberate ogni cosa apparirebbe all’uomo così com’è, infinita. Per l’uomo queste porte saranno sempre chiuse, finché egli continuerà a vedere attraverso le strette fessure della caverna in cui vive. William Blake

Infatti, costringiamo prima di tutto noi stessi a rientrare in tali definite categorie, forzando la nostra multidimensionalità a indossare scarpe fatte di due sole dimensioni.

“Se mi comporto male, sono cattivo.” “Se lo ero ieri, lo sono oggi e lo sarò anche domani.”

“Se sbaglio, sono un fallimento.” “Se sono così, non potrò essere in altro modo.”

Dunque, leghiamo la nostra identità alle nostre credenze e usiamo molte delle energie in nostro possesso per confermare ciò che crediamo vero, per avere ragione, al fine di preservare noi stessi. Perché anche se la caverna è stretta, almeno ci evita il dubbio e l’incertezza.

“Finché ho ragione, sono al sicuro e ho tutto sotto controllo.”

Eppure, nell’ultimo secolo (ma da millenni nelle discipline orientali) le scienze sono sempre più concordi nel considerare una nuova visione della realtà, una in cui gli opposti esistono contemporaneamente affondando le loro radici l’uno nell’altro e nutrendosi a vicenda. Questo potrebbe significare che “avere torto”, invece di comportare una sconfitta e un attacco alla propria persona, permetta apprendimento, produzione di nuove idee, scoperta di noi e del mondo, aiutandoci a spostare sempre di più i margini dei nostri confini.

Ecco a voi qualche spunto sul tema:

 
  • Ascoltatevi. Date voce a tutto ciò che stavate cercando di nascondere. La vita che conducete vi sta stretta? Che cosa desiderate veramente? Le aspettative riposte su di voi sono prestabilite e immutabili? Vi motivano o vi opprimono?

 
  • Imparate ad accettarvi per come siete. La vostra rigidità non vi rende vita facile, poiché voi per primi siete costretti a rispondere alle etichette con le quali vi descrivete. Non fate la guerra a voi stessi, dentro di voi esistono parti buone e parti cattive ed è solo accettando questa coesistenza, lasciandola essere, che potrete cercare equilibrio e serenità.

 
  • Tenete la mente aperta all’eventualità che tutto possa essere possibile. Una volta che vi liberate del bisogno di difendere il vostro territorio sempre e comunque, invitate il nuovo e vi aprite alla possibilità di imparare e meravigliarvi. Inoltre, lasciate andare la paura del giudizio perché arrivate ad accettare che tutto è da scoprire e che siamo tutti nella stessa condizione.

 
  • Imparate ad ascoltare. Quando ragioniamo per compartimenti stagni diventa facile scontrarsi con le altre persone. Imparate a deporre le armi e a rimanere vestiti solo della vostra attenzione. Chissà se quello che ascolterete non vi risuoni come credibile e che non vi permetta di imparare qualcosa di nuovo. Se qualcuno la pensa all’opposto di voi, non significa che abbia automaticamente torto; il suo punto di vista è altrettanto valido, che voi siate d’accordo oppure no. Ognuno ha una sua idea, ma ciascuna comporta lacune o margini di errore. Spesso, la versione più vicina alla complessità della realtà non si trova a destra o sinistra, ma proprio nel mezzo.

 
  • Prendete spunto dagli altri. Almeno una volta a settimana, fate qualcosa che non pensate vi piacerebbe. Magari quel libro che non v’ispira, ma che vi hanno consigliato, o quel film che non sembra il vostro genere, ma che è piaciuto ad un vostro amico. Vi stupirete di quanto potreste cambiare idea.

 
  • Coltivate la vostra curiosità. Da quando avete smesso di porvi domande su ciò che vi circonda? Da quando date tutto per scontato?

 

Ricordatevi che, dividere tutto in categorie è semplicemente un modo di rappresentare la realtà e non il modo in cui essa funziona. Avere ragione diventa qualcosa di molto relativo, che, in fondo, perde di utilità quando è la sola cosa che perseguiamo.

Avete mai sentito “avendo ragione s’impara”?

Se riusciamo a capire questo, lasciamo spazio a una visione più complessa e completa di un tutto nella sua interezza, dove le cose si muovono, cambiano e sono fatte prima di una cosa, poi di un’altra, poi di entrambe e di nessuna.

E voi, che cosa ne pensate? Dove mancano sfumature nella vostra vita?

Se volete, fatemelo sapere nei commenti e se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo!

 

Mel Schwartz L.C.S.W. (2011), “Getting Past the Impasse of Right or Wrong”, A Shift of Mind, Psychology Today.

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *