Siamo tutti recidivi
Ciò che è rimasto capito male ritorna sempre; come un’anima in pena,
non ha pace finché non ottiene soluzione e liberazione.
Anche se ci piacerebbe credere che impariamo dai nostri errori, questo non è sempre vero purtroppo. Pensiamo “non lo farò più” e puntualmente ricadiamo ancora e ancora nella stessa trappola, mentre dentro di noi si fa sempre più strada l’impressione che per imparare ad agire in modo diverso siano necessari sforzi sovrumani. A volte, addirittura, ci convinciamo semplicemente che si tratti di “carattere” e che, per questo, non possiamo fare proprio nulla per cambiare.
“È più forte di me, sono fatto così”
Prima di tutto, è il nostro approccio agli errori a non aiutarci affatto, perché siamo più inclini a cercare di negarli o nasconderli, piuttosto che prenderci le nostre responsabilità per capire che cosa abbiamo davvero sbagliato.
Come abbiamo sempre detto poi, è impossibile non compiere errori se facciamo esperienza della vita e saranno proprio questi e solo questi a poterci insegnare come condurre la nostra esistenza. Per questo, è molto importante imparare a considerare gli sbagli commessi non come qualcosa di negativo, ma come un’opportunità di miglioramento. E solo allora saremo in grado di non ricaderci.
Facile a dirsi, difficile a farsi direte voi, e avete ragione.
Però, la capacità di controllare noi stessi e i nostri impulsi non è innata e questo significa che è qualcosa sulla quale possiamo lavorare. Abbiamo bisogno di fare tanta, tanta pratica e ciò riguarda tutti, a prescindere dalla conosciuta citazione (attribuita senza certezza a Einstein) per cui la follia è fare le stesse cose ancora e ancora aspettando un risultato diverso, la verità è che noi esseri umani siamo creature abitudinarie.
Ci piacciono le routine e i comportamenti familiari, anche quando ci fanno più male che bene. Così, nei momenti di disagio è ancora più facile ricadere in ciò che ci rassicura, anche se dopo ci pentiamo e sentiamo di aver nuovamente fallito.
Infatti, nei momenti di stress, ansia, rabbia o di altre emozioni ad alta intensità, in particolare, tendiamo a muoverci in automatico, riutilizzando abitudini apprese sin da quando eravamo piccoli e che non sempre sono così funzionali, soprattutto se non le abbiamo mai messe realmente in discussione.
Un bambino messo di fronte ad un “no” potrebbe, spinto dalla frustrazione, mettere il broncio per ottenere ciò che desidera. Ma se lo facesse un adulto?
Quando siamo bambini, il nostro cervello è dominato dai sentimenti più che dall’analisi puntuale dei fatti. Se i sentimenti sono negativi, scattano gli allarmi che attivano le risposte abituali senza la possibilità di tentare di analizzare la situazione e le possibili conseguenze di un comportamento. Quando avvertiamo una spiacevole sensazione, gli impulsi di comportamenti passati si fanno più forti, aumentando le possibilità di ripetere l’errore.
Ad esempio, una persona che combatte contro le sue insicurezze e la gelosia, potrebbe finire con la mente in una spirale di pensieri negativi se il partner non dovesse rispondere subito a un messaggio o a una chiamata. I pensieri iniziano ad accumularsi e a sopraffare emotivamente la persona, che magari arriva ad accusare ingiustamente il partner, danneggiando alla lunga la relazione. E ciò potrebbe ripetersi all’infinito.
Anche non volendo reagire così, la persona segue un percorso a lui familiare. Agire diversamente, in una modalità magari più utile, significa incamminarsi in territorio estraneo.
Preferiamo mangiare la torta intera prima di pensare che è giorno di palestra, abbiamo uno scoppio d’ira prima di ricordare il nostro proposito di contare fino a 10, mettiamo il broncio, critichiamo e svalutiamo gli altri, invece di tentare di capire e riparare. La forza del nostro mondo emotivo è ciò che fa crollare le diete, che porta un’alcolista a ricadere nel vizio, che impedisce a Mr. Hyde di ricordare ciò che il Dr. Jekyll ha imparato sulla gestione della rabbia.
A volte, crediamo di aver provato proprio di tutto per cambiare le cose, senza renderci conto che altro non abbiamo fatto che opporre una cieca resistenza; cieca perché tenta di usare la forza bruta per eliminare un problema, mentre se quel problema è lì, andrà prima di tutto compreso e non forzato ad andare via.
Arrivare sempre in ritardo, perdere un altro smartphone, spendere troppi soldi, incappare nello stesso tipo di relazioni, sono solo alcuni esempi di errori che noi esseri umani facciamo e rifacciamo.
Freud definì questo bisogno di ripetere esperienze familiari nonostante il disagio “coazione a ripetere”, affermando che ciò fosse causato, appunto, da spinte sia psicologiche -inconsce- sia fisiologiche.
Per come è fatto il nostro cervello, il comportamento è dettato dai neuroni che vengono attivati e questi preferiscono di gran lunga le strade già battute, proprio come la nostra psiche; abbiamo bisogno di un impegno diverso, basato sulla consapevolezza, per riuscire a scoprire nuovi percorsi più utili per noi.
Immaginate di andare al lago a dar da mangiare alle papere. Avete parcheggiato in cima alla collina e per scendere dovete farvi strada attraverso l’erba alta. Al ritorno, sarà più sensato passare per il sentiero che avete appena creato per arrivare, non avrebbe senso cercare di ricavarne un secondo. Poi qualcun altro arriva per dare da mangiare alle papere e segue lo stesso percorso creato da noi, e poi un altro, e poi un altro. In poco tempo, quello sarà il sentiero che prenderanno tutti per andare al lago. Daniel Siegel
Ecco, i nostri neuroni lavorano nello stesso modo; una volta che un percorso è creato, sarà quello che prenderanno sempre.
Cambiare il nostro comportamento, quindi, significa cambiare la nostra mente e i nostri neuroni. Non è facile, ma neppure impossibile se proveremo a creare nuovi percorsi.
Uno degli ostacoli è che quando tentiamo qualcosa di nuovo, ci sentiamo quasi sempre strani. Proprio come se provassimo a lavarci i denti con l’altra mano rispetto a quella che usiamo sempre. Ci sentiremmo certamente a disagio e magari anche un po’ ridicoli. Eppure, attraverso la ripetizione, seppure inizialmente pensata e non automatica, artificiosa e non naturale, possiamo esercitarci a far nostra quasi qualsiasi cosa. Così, dopo un certo tempo, potremmo scoprire che non solo lavarci i denti con l’altra mano è diventato familiare, ma che la cosa ci fa sentire più liberi e potenti, perché abbiamo trasformato un nuovo elemento in qualcosa di nostro.
Inoltre, per cambiare abitudini abbiamo bisogno di capire che cosa ci abbia portato a svilupparle. Molti di noi, infatti, cercano di eliminare di sana pianta un comportamento come se fosse quello il problema (e in apparenza lo è), distraendosi da ciò che realmente li fa soffrire e che li porta a ripetere un errore.
Gli errori che compiamo non sono estranei a noi, ma sono il risultato di un nostro modo di sentire, pensare e agire. Per cambiare davvero qualcosa, perciò, è proprio da noi che dobbiamo iniziare.
Dunque, se saperci rialzare dopo una caduta sembra fondamentale nella vita, forse chiederci prima di tutto perché siamo caduti potrebbe aiutarci finalmente a trovare delle spiegazioni utili a imparare davvero dai nostri errori e a non ripeterli più.
E voi, che cosa ne pensate? Quali errori continuate a ripetere?
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