La ricerca della felicità tranquillità

La ricerca della tranquillità

Impara a essere calmo e sarai sempre felice.

Paramahansa Yogananda

Che cos’è la felicità? Per qualcuno può significare avere 3 macchine, per altri avere un partner al proprio fianco. Per ciascuno di noi può, quindi, rappresentare qualcosa di molto diverso, ma, nonostante ciò, le belle cose che abbiamo nella nostra ‘lista della felicità’, possono offrirci solo piaceri temporanei. Le macchine si rompono e le relazioni finiscono. Cioè, se la nostra idea di felicità è legata a ciò che di buono riusciamo ad ottenere o a ciò che di positivo ci capita, quel che ci resterà sarà sempre un castello di carte pronto a crollare.

Tutti vogliamo essere felici, ma difficilmente ci rendiamo conto che per percorrere tale strada, è necessario mettersi in condizione di aumentare il proprio senso di pace e tranquillità. Però, è anche difficile crederlo, perché quando pensiamo alla felicità ci vengono in mente solo eventi particolari; vincere alla lotteria, sposarsi, fare figli, ricevere una promozione a lavoro o comprare la macchina nuova. Insomma, di solito tendiamo a immaginarci eventi eccitanti ed esaltanti.

Pensare alla felicità in questi termini, ci porta verso una corsa sfrenata, alla ricerca di obiettivi da raggiungere o di grandi momenti da vivere che possano colmare il vuoto che portiamo dentro di noi.

“Sarò felice solo quando…”

Così, tante persone si aggrappano al piacere e resistono al dolore, anche quando navigare nella gioia e nella pena è inevitabile parte delle nostre esistenze.

“Una storia cinese narra di un vecchio contadino che possedeva un vecchio cavallo per coltivare i suoi campi. Un giorno il cavallo scappò su per le colline e ai vicini che consolavano il vecchio contadino per la sua sfortuna, questi rispondeva: “Sfortuna, fortuna, chi lo sa?”.
Dopo una settimana il cavallo tornò portando con sé dalle colline una mandria di cavalli selvatici, e questa volta i vicini si congratulavano con il contadino per la sua fortuna. Ma la sua risposta fu: “Fortuna? Sfortuna? Chi lo sa?”.
Poi accadde che suo figlio, mentre cercava di domare uno dei cavalli selvatici, cadde, rompendosi malamente una gamba. Tutti pensarono che si trattasse veramente di una grande sfortuna. Non il contadino, la cui unica reazione fu: “Sfortuna? Fortuna? Chi lo sa?”.
Qualche settimana più tardi, l’esercito entrò nel villaggio, imponendo a tutti i giovani abili il reclutamento obbligatorio: quando videro il figlio del contadino con la sua gamba rotta lo lasciarono stare.”

Sfortuna? Fortuna? Chi lo sa?

La storia del contadino probabilmente non finisce qua, e forse non finirà ‘mai’. Ed è proprio questo che ha guidato il contadino nel suo atteggiamento; la consapevolezza che ogni storia è sempre in corso, che deve ancora rivelarsi e che non si può mai dire se una cosa sia buona o cattiva a priori, perché è più probabile che possa contenere in sé entrambe le cose, a seconda di come noi scegliamo di rispondere a questi eventi. Un evento negativo può portare anche qualcosa di positivo e viceversa.

Soprattutto, il contadino ha scelto di non cercare di controllare eventi su cui non ha alcun potere e per questo, su di lui non gravava alcun peso.

Proprio come nella differenza che c’è tra il nuotare disperatamente contro la corrente di un fiume e il guardarlo dalla riva, dalla tranquillità del nostro punto di osservazione. Ma distaccarci dai nostri problemi, tenercene anche al di fuori con sguardo oggettivo, non significa diventare indifferenti e passivi.

Pensate al momento in cui un vostro amico si sfoga per un suo problema; vi disperate insieme a lui o vi limitate ad ascoltarlo, capirlo e magari a offrire qualche consiglio? Ecco, il fatto che voi restiate calmi, non significa che non vi interessi o che non comprendiate ciò che prova, ma solamente che scegliete di osservare le cose da un punto di vista più distaccato, evitando così di finire anche voi travolti dalla corrente del fiume.

Nella vita di tutti i giorni, quante volte cercate di nuotare contro la corrente?

Guardandovi indietro, quante volte avete definito “tragedia” qualcosa che oggi non definireste più così?

Ci sarà sempre qualcosa che farà crollare i nostri castelli di carte, per questo abbiamo bisogno di trovare materiali più resistenti, quasi inattaccabili.

Perciò, lavorare su noi stessi resta l’investimento migliore che possiamo fare nella vita, per metterci in condizione di fronteggiare gli eventi nel modo più sereno possibile. Molto spesso, non abbiamo una considerazione di noi abbastanza buona (“non ce la farò mai”) e il nostro modo di pensare è sbilanciato verso il negativo (“andrà sempre tutto male”), non permettendoci di vedere le cose nella loro totalità.

Per questo, il primo posto dal quale iniziare a cambiare qualcosa non è dalla risoluzione dei nostri problemi, ma da dentro di noi e dalle lenti che usiamo per guardare il mondo. Una volta cambiate quelle, anche i nostri problemi cambieranno; alcuni sapremo trasformarli in occasioni, altri li lasceremo andare nella corrente e certi non ci sembreranno neppure più problemi.

Invece di chiedervi che cosa possa rendervi felici, euforici, esaltati, chiedetevi, allora, che cosa possa farvi sentire a vostro agio e portarvi relax, calma, tranquillità, soddisfazione. Non importa quanto potremo correre e quante cose decidiamo di raggiungere, perché i grandi eventi non fanno la nostra felicità, ma sono solo l’eccitazione di un attimo che va via proprio come è arrivato.

La vita è fatta di una lunga serie di piccolissimi eventi apparentemente banali e ripetitivi, di cui potremo vedere la bellezza se ci metteremo in condizione di calmare le nostre acque abbastanza da poterla riflettere con chiarezza.

E voi, che cosa ne pensate? Dove potreste cercare la vostra tranquillità?

Se volete, fatemelo sapere nei commenti e se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo!

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