Quello che cattura la tua attenzione controlla la tua vita

Niente nella vita è tanto importante quanto pensiamo che lo sia
nel momento in cui lo pensiamo.
L’attenzione è un aspetto fondamentale delle nostre vite. La usiamo per attraversare la strada, per entrare in relazione con gli altri, nel nostro lavoro e in molto altro. Sappiamo quanto sia importante, eppure ci siamo mai chiesti dove sia realmente la nostra mentre la giornata scorre?
È sul positivo o sul negativo? È sui problemi o sulle soluzioni? È sui piccoli dettagli o sugli elementi nel loro insieme? È sulla persona che abbiamo di fronte, oppure sulle notifiche del telefono?
Pochi anni fa, i dirigenti di Disney World si sono chiesti che cosa catturasse di più l’attenzione dei bambini all’interno del loro parco. Assunsero, così, un antropologo culturale per osservarli interagire con i membri del cast in costume, le diverse creature animate, le giostre, gli spuntini e i tanti giocattoli colorati. Eppure, quello che venne osservato fu che l’attenzione di questi bambini non era su queste cose, ma sui cellulari dei genitori, soprattutto mentre questi li usavano.
Questi bambini capivano chiaramente dove si trovasse l’attenzione dei loro genitori, e anche loro ne venivano attratti. I cellulari rappresentavano il centro del loro mondo; e mentre i genitori ne erano presi, non riuscivano a prestare completa attenzione ai loro figli.
Dare completa attenzione rappresenta un ingrediente fondamentale di qualsiasi relazione. Non è possibile comunicare, ancora meno legarsi, con qualcuno che non può o non vuole concentrarsi su di noi. Questi genitori, probabilmente, credevano davvero di prestare attenzione ai loro figli e a tutti gli stimoli intorno a loro; ma è proprio il comportamento dei bambini a dirci dove fosse realmente la loro attenzione.
Non ci rendiamo davvero conto di che cosa catturi la nostra attenzione e di come questa “selezione” possa limitare la nostra visuale del mondo e, di conseguenza, l’esperienza che ne facciamo.
I nostri automatismi al riguardo sono, però, difficili da riconoscere poiché trattasi di schemi in parte assorbiti sin dalla nascita. Infatti, culture diverse organizzano l’attenzione in modo differente; per esempio, il professore di psicologia Liang-Hwang Chiu ha condotto uno studio in cui parteciparono più di 200 bambini cinesi e più di 300 americani e ai quali mostrò delle immagini; come quelle di una mucca, di un pollo e di ciuffi d’erba, chiedendo loro quali potessero essere simili o andare insieme. I bambini americani indicarono perlopiù la coppia mucca-pollo poiché parte della stessa categoria “animali”, mentre i bambini asiatici associarono con più frequenza la mucca e l’erba perché “la mucca mangia l’erba”, focalizzandosi così sulla relazione tra i due oggetti più che sugli oggetti di per sé e sulla loro categorizzazione.
Una madre Americana dirà al figlio: “Guarda Billy, un camion. È luccicante e ha le ruote”.
Una madre Cinese dirà: “Io spingo il camion verso di te, tu lo spingi verso di me. Quando lo tiri addosso al muro, il muro dirà ‘ahia!’”.
Questi studi sembrano suggerirci che ciò su cui poniamo la nostra attenzione –o no- ha un grande impatto su come vediamo il mondo e su come ci sentiamo al riguardo.
Tutto quello su cui facciamo attenzione riprogramma il nostro cervello; cioè, le connessioni tra i nostri neuroni avvengono in risposta a quello su cui ci focalizziamo. Per esempio, le persone pessimiste, attente solo al negativo, vedono gli ostacoli e i dispiaceri come personali (è colpa mia), pervasivi (è tutto rovinato) e permanenti (andrà sempre male)*. Eppure, con la pratica diventa possibile imparare a focalizzarci sugli aspetti positivi di una situazione, e ad ammorbidire la visione catastrofica che ci siamo creati intorno all’ostacolo.
Inoltre, le cose che non entrano a far parte della nostra visuale, in un certo senso, non esistono per noi. Ogni giorno filtriamo la realtà sempre allo stesso modo, riproponendoci gli stessi pensieri, vissuti e comportamenti; e finché non impareremo a gestire la nostra esperienza, sarà lei a controllare noi.
I vincitori della lotteria non sono felici quanto crediamo e i paraplegici non sono infelici come potremmo pensare. Perché?
Per ciascuno di loro, essere ricco o paraplegico, diventa con il tempo una piccola parte delle loro vite. In altre parole, smettono di focalizzarsi su questi aspetti.
“Le persone credono che vincendo la lotteria saranno per sempre felici. Ovviamente, non è così. Per un po’, saranno felici per via della novità e perché penseranno al fatto di aver vinto per tutto il tempo. Per poi adattarsi e smettere di farci attenzione. Similarmente, molte persone restano sorprese nel vedere quanto dei paraplegici possano essere felici; ma non sono paraplegici full-time. Fanno altre cose. Si godono un pasto, i loro amici, il giornale. Tutto questo ha a che fare su dove l’attenzione viene assegnata.” Daniel Kahneman
Facciamo un errore chiamato “focusing illusion” esagerando l’importanza dell’aspetto che prendiamo in considerazione, a discapito dell’immagine generale; perciò, quando pensiamo a eventi di vita quali essere paraplegico o essere ricco, permettiamo che questa caratteristica condizioni la nostra intera valutazione, inducendoci in errore.
Così quando si pensa a qualcosa, solo per il fatto di pensarci, la sua importanza cresce in maniera esagerata ed è questo il motivo per cui facciamo errori rispetto a quello che vogliamo; tutti desideriamo cose che smetteranno di renderci felici, come nel caso della ricchezza; viceversa abbiamo paura di qualcosa che, una volta accaduta, non ci renderà particolarmente infelici come avremmo creduto.
Molti di noi sono probabilmente colpevoli di aver dedicato troppa attenzione alle cose sbagliate, più di quanto sappiamo, ma è osservando l’attenzione altrui, oltre alla nostra, che ci permetteremo di imparare di più al riguardo.
Imparare a controllare la nostra attenzione potrebbe renderci capaci di scegliere il modo di costruire la realtà che ci circonda, per ottenere il meglio da ogni giorno. Con il tempo, scegliere quello a cui prestiamo attenzione non ci renderà solo più felici in quell’istante, ma ci permetterà di non distrarci lungo la strada e rimanere orientati in direzione della persona che vogliamo diventare.
E voi, che cosa ne pensate? Dov’è ora la vostra attenzione?
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* Seligman M. (2013). Imparare l’ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero. Giunti Editore.
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