La conquista della realtà

Quel che devi ai tuoi genitori

Delusione -1882- Julius Leblanc Stewart

Non toccate mai i vostri idoli: la doratura si attacca alle dita. Gustave Flaubert 

Ecco qual è il problema degli idoli; rappresentano un’idea di qualcosa posta su un piano superiore, irraggiungibile e che non appena si avvicina un po’ di più, porta l’illusione a infrangersi.

Idealizzare, infatti, comporta un’inevitabile delusione, dolorosa ma importante ai fini della nostra crescita e maturazione.

Già da piccolissimi -verso i due anni- iniziamo a fare scoperte che necessariamente ci deludono, ma che permettono di allargare i nostri orizzonti.

Indichiamo una cosa per fare in modo che questa arrivi nelle nostre mani, piangiamo in modo che la mamma ci dia quello di cui abbiamo bisogno. Crediamo di essere onnipotenti e che il mondo ci appartenga insieme a chi si prende cura di noi -che pensiamo come parte di noi- solo per scoprire, infine, che non è così.

Ed ecco che si costruisce lentamente la nostra prima grande delusione, la prima delle tante: la mamma non è perfetta e non ci darà sempre ciò che vogliamo, il mondo non è nostro e noi, ahimè, noi non siamo onnipotenti, abbiamo dei limiti così come li hanno i nostri genitori.

Ma senza comprendere questo, andremmo incontro a una visione della realtà gravemente distorta, dove tutto inizia e finisce con noi, dove l’altro non esiste, così come noi stessi.

Ecco allora che, sin da subito, la delusione ci serve; noi dobbiamo avvicinarci alla realtà, per riconoscere e iniziare a fare i conti con i limiti con i quali ci scontreremo, ma anche per imparare a vedere il reale positivo che ci circonda, per distinguere ciò che è solo nella nostra mente, nella fantasia, da ciò che ne è al di fuori ed è reale.

Nell’idealizzare qualcuno, gli mettiamo addosso ciò che è solo nostro, che desideriamo da lui, che ci aspettiamo nella nostra immaginazione.

È bello, gentile, saggio, è perfetto e non mi farà mai del male.”

Quando poi scopriamo che anche questa persona può sbagliare e ferirci, sembra che la doratura ci rimanga sulle dita e che il mondo, in quel momento, ci crolli addosso.

Del resto però, la doratura è qualcosa che abbiamo applicato noi ed è sotto di essa che risiede l’altro, in una versione più autentica che può far male perché diversa, ma che porta con sé il passaggio da divinità fantastica a essere umano che sbaglia, che ferisce ma che può anche amare, con i suoi difetti e limiti che non lo rendono meno buono, ma solo più fedele a sé stesso.

Ciò che ci aspettavamo da qualcuno, dunque, non dice nulla di quella persona e tanto su di noi.

Cerchiamo qualcuno che pensiamo possa soddisfare i nostri bisogni e desideri e quando questo non succede, arriviamo a sentirci traditi, presi in giro, maltrattati e quella persona, nella peggiore delle ipotesi diventa bersaglio del nostro odio e lo diventiamo noi stessi dal momento in cui ci pensiamo incapaci di meritare qualcosa.

Allora, decidiamo di provare a scappare dalla delusione, nutrendo illusioni ancora meno realistiche sulla possibilità di sfuggirgli, in un luogo dove l’altro non può mai avere le sue sembianze, ma riflette le nostre paure, necessità e aspettative.

Eppure, ciò di cui abbiamo bisogno non può essere sempre soddisfatto; per usare le parole di una scrittrice austriaca del XIX secolo*, “il dolore è il gran maestro degli uomini, sotto il suo soffio si sviluppano le anime”, proprio perché è il dolore a permetterci di imparare, crescere e andare avanti.

Quando arriviamo a pensare che è meglio non aspettarci nulla, nella pretesa opposta in cui è più saggio tenere gli altri lontani per proteggerci dalla delusione, rischiamo di perdere anche il buono della vita.

“Sarò felice solo quando….”

“Le persone ti feriscono e basta.” “Non mi aspetto più niente da nessuno.”

“Non potrò mai avere ciò che voglio, posso solo accontentarmi.” 

Ma un pizzico di illusione ci serve, è, infatti, ciò che vogliamo vedere, ciò che ai nostri occhi rende l’altro buono, desiderabile e piacevole che ci permette di provare ad avvicinarci, affezionarci e fidarci.

Ci permette di metterci in gioco, in discussione, di coinvolgerci e impegnarci per raggiungere i nostri obiettivi.

E la felicità non può provenire solo dagli altri, dobbiamo essere noi a capire ciò di cui abbiamo bisogno e a cucire le nostre necessità a misura sia dell’altro che di noi, vedendo la persona per quella che è; un essere umano con dei pregi da un lato e dei difetti dall’altro, che contribuisce alla nostra felicità, come alla nostra infelicità e che entra in relazione con noi solo nell’incontro a metà strada tra le sue e le nostre illusioni.

Per non soffrire delusioni nei riguardi della natura umana, dobbiamo cominciare col rinunziare alle nostre illusioni rispetto ad essa. Abraham Maslow 

Che cosa possiamo fare per imparare dalle nostre delusioni?

 
  • Quali sono le aspettative che riponete negli altri e in voi stessi? Tengono in conto la realtà?

 
  • State con i piedi per terra. Ci fidiamo che chi ammiriamo faccia sempre la cosa giusta, che sia sempre coerente all’immagine che abbiamo di lui, senza tenere conto di chi lui sia davvero. Quando anche da noi stessi pretendiamo troppo, rischiamo di voler corrispondere a un’immagine di noi non realistica, che ci fa soffrire e manda fuori strada.

 
  • Abbracciate ogni vostra emozione. Quando siamo delusi, ci sentiamo frustrati, arrabbiati e tristi per aver dovuto rinunciare alle nostre aspettative. Chiedetevi che cosa state provando e perchè.

 
  • Siate positivi. Il punto non è se aspettarsi il peggio o il meglio, ma nel credere che comunque andrà, in qualche modo, ve la caverete. E questa è forse una di quelle aspettative da nutrire sempre, utile a costruire la nostra resilienza.

 
  • Trovate la lezione, è proprio di fronte a voi. Ricordate? Il dolore è nostro maestro. Dunque, che cosa avete imparato dalle vostre delusioni?

 

Ricordatevi che, le nostre aspettative vengono puntualmente deluse per permetterci di vedere la realtà delle cose, che non dovrebbe causarci un vissuto di perenne pessimismo e di rinuncia, ma di adeguatezza e accettazione. Perché se siamo in grado di riconoscere dei limiti in noi e negli altri, possiamo anche comprendere meglio chi vogliamo essere e che cosa veramente stiamo cercando.

Se sentite di non farcela, chiedete aiuto allo psicologo.

E voi, quale delusione avete in mente in questo momento?

Se volete, fatemelo sapere nei commenti e se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo!

 

*Marie von Ebner-Eschenbach (September 13, 1830 – March 12, 1916)

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