In cerca d’amore

In cerca d’amore
Dove l’amore impera, non c’è desiderio di potere,

e dove il potere predomina, manca l’amore.

L’uno è l’ombra dell’altro.

Carl Gustav Jung

Quante volte ci chiediamo che cosa sia l’amore senza trovare una risposta che tolga ogni dubbio? In fondo, ci ritroviamo a dire, l’amore è per ciascuno di noi qualcosa di diverso e non possiamo riuscire a trovare una sola definizione che accontenti tutti.

Spesso, pensandoci, siamo rimandati subito all’idea di amore romantico, ma ciò non restituisce la più accurata delle immagini. Anzi, probabilmente, le difficoltà nel descrivere l’amore aumentano proprio perché nel farlo si tende a cercare di parlare di qualcosa che stiamo provando o abbiamo provato nei confronti di un partner e sappiamo quanto le relazioni di coppia possano rivelarsi complesse e, a volte, addirittura contraddittorie.

Allora, ecco alcune delle risposte che mi sono state date alla domanda “cos’è per te l’amore”:

L’amore è quando non puoi vivere senza quella persona.

L’amore è quando il partner è il primo pensiero al mattino e l’ultimo della sera.

L’amore è quando ti basta pensarlo/a per sentirti felice.

L’amore è quando non vuoi fare altro che stare insieme a lui/lei.

L’amore è desiderare di essere una persona migliore per sé e per l’altro.

Le risposte potrebbero andare avanti all’infinito, ma devo dire che l’ultima suscita decisamente il mio interesse in quanto psicologa interessata alle potenzialità che abbiamo bisogno di scoprire e coltivare.

Certo, le prime risposte sono appassionate e ci danno l’dea di un amore che supera tutto e che “ci porta via”; ma questo non significa che se queste cose non ci sono più o non ci sono mai state, che allora non si parli di Amore.

Allo stesso tempo, nessuno ha il diritto di presumere che in una relazione dove, per esempio, i partner non riescono a stare separati neppure per 5 minuti, ci sia dipendenza e non amore. È che probabilmente, le lacune che saremmo chiamati a colmare da soli finiamo per affidarle al partner con la pretesa che ci fornisca finalmente tutto ciò che ci manca.

Come sempre, la questione non è su che cosa va bene o che cosa non va bene, ma sull’intensità con cui le cose prendono forma. Un conto è affidare di tanto in tanto le proprie fragilità al partner, un conto sarà basare la nostra relazione su questa aspettativa.

Perciò, quando pensiamo all’amore, le nostre idee al riguardo sono molto confuse da quello che noi stessi ci aspettiamo o meno che debba accadere in una relazione romantica, a partire da ciò che prima di tutto ci è mancato nelle relazioni passate e che manca tuttora nel rapporto con gli altri e con noi stessi.

Andiamo in cerca d’amore, ma come lo troviamo attraverso tutta questa nebbia?

Probabilmente, allora, diventa più facile trovare punti fermi su che cosa sia l’amore nel momento in cui proviamo ad allargarlo per contenere anche altri tipi di amore e non solo quello romantico. Appunto perché una relazione tanto intima, che prende mente, corpo e anima, rischia di confondere i nostri sentimenti tra il bisogno disperato di sentirsi amati, la paura di restare soli, abbandonati, ecc… Cose che abbiamo bisogno di affrontare facendo prima di tutto i conti con noi stessi e con il nostro passato.

Dunque, usciamo un attimo dall’idea di amore = relazione romantica = monogamia = legame di coppia e proviamo ad allargare la visuale.

Da un punto di vista biologico, sappiamo che una serie di ormoni e neurotrasmettitori (come ossitocina, vasopressina, prolattina, testosterone, dopamina ecc..) sono implicati nello sviluppo e nel mantenimento del legame tra madri e figli e tra padri e figli.

Questo sistema funziona in modo analogo anche tra gli adulti. Il sistema è innescato dal contatto fisico, dal passare tempo insieme l’uno vicino all’altro, da interazioni sociali positive. Noi esseri umani abbiamo sviluppato un sistema che usa le interazioni sociali, fisiche, gli ormoni, il cervello, per innescare un senso di vicinanza e attaccamento verso un altro individuo.

Questo sistema basilare è comune tra i mammiferi; l’antropologo Walter Goldschmidt* lo definisce “fame di affetto” e suggerisce che lo stesso sistema che agisce per legare i mammiferi ai loro cuccioli, è stato adottato e allargato dalla specie umana per formare e mantenere legami profondi con un range più ampio di individui di tutte le età e di qualsiasi sesso.

Questa spinta, dunque, permette a noi esseri umani di sperimentare diverse relazioni significative durante la nostra vita, che quindi non riguardano solo genitore e figlio o partner, ma si manifestano in diversi contesti. Molte ricerche suggeriscono che è grazie a questi legami che gli esseri umani si sono evoluti più di qualsiasi organismo di questo pianeta**.

L’amore si fonda sulla stessa base, che sia amore tra genitori e figli, tra fratelli o altri parenti, tra amici intimi o tra partner.

Allora, quando parliamo di amore, dovremmo tenere in mente che l’abilità di formare forti legami sociali è parte della nostra stessa natura che ci ha permesso di renderci evolutivamente avvantaggiati rispetto alle altre specie e che ridurre l’amore alla sola questione romantica, rischia di caricarlo d’incomprensioni dettate dalla cultura, dalla società e dalle nostre storie familiari.

Mi vengono in mente tutti quei pazienti che arrivano da me con una storia di amore opprimente alle spalle, dove, ad esempio, le attenzioni di un genitore, seppure mosse dalle migliori intenzioni, hanno in realtà rischiato di uccidere l’amore invece che coltivarlo. Capire che si può amare senza opprimere o sentirsi oppressi è per loro una bella scoperta.

Infatti, quando si cerca di controllare qualcuno e di esercitare il proprio potere per piegarlo alle nostre aspettative, non stiamo manifestando amore.

Magari, ci imponiamo con forza sulle scelte di nostro figlio perché temiamo che sbagli, e se sbagliasse significherebbe che siamo genitori incapaci. O magari costringiamo il partner a restare a casa con noi per paura che ci tradisca, e se lo facesse significherebbe che non siamo abbastanza validi per non finire miseramente abbandonati.

Ma tutto questo che cosa c’entra con l’amore?

Mi piace credere che l’amore sia quel sentimento che ci fa desiderare di prenderci cura, senza aspettarci nulla di preciso in cambio. Un sentimento che ci rende capaci di guardare le persone per quello che sono e non per quello che vorremmo che siano, e magari aiutarle ad essere quello che possono diventare davvero, anche se ciò significherà che seguiranno strade che non capiremo, che non ci aspettavamo, strade che potrebbero allontanarli da noi.

A volte, siamo incoraggiati a credere che l’amore possa essere comprato o venduto, controllato e deciso a tavolino, plasmato a proprio desiderio e sottomesso secondo le proprie aspettative, ma amare non è costringere, trattenere, controllare.

E non fraintendetemi; il potere rappresenta una forza basilare in ogni interazione sociale. Esso definisce il modo in cui ci relazioniamo gli uni agli altri, detta quando veniamo ascoltati, determina quando i nostri bisogni diventano prioritari o vengono messi da parte.

Il potere, perciò, fa parte di tutte le relazioni; è impossibile vivere una relazione significativa senza che l’altra persona abbia un certo potere su di noi e vice versa.

Il problema è… quando il potere corrompe.

Quando portiamo sull’amore l’idea del controllo, rischiamo di finire per vedere l’altro (un partner, un figlio, un amico) come una sorta di oggetto con delle funzioni da svolgere e non più come un soggetto che ha dei suoi bisogni, desideri e preferenze.

Invece, dovremmo lasciare spazio alle persone per essere semplicemente loro stesse, separate e distinte da noi e dalle nostre aspettative, così da riservare anche a noi stessi il medesimo trattamento.

Infatti, dando più valore alla libertà di ciascuno, finiamo inevitabilmente per dare più valore anche alla nostra di libertà.

Se il nostro migliore amico è libero di sbagliare nonostante i nostri ammonimenti, allora anche noi possiamo fare lo stesso.

Se il nostro partner è libero di andare al cinema con gli amici, allora lo stesso vale per noi.

Se nostro figlio è libero di non essere perfetto, allora anche noi potremo prenderci questa libertà.

Per trovare e coltivare l’amore, allora, serve di affidarci ad un nuovo paradigma: Solo un potere equamente condiviso crea individui felici e rapporti soddisfacenti, dove si ama per amare e apprezzare e non per controllare.

E voi, che cosa ne pensate? Cos’è per voi l’amore?

Se volete, fatemelo sapere nei commenti e se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo!

*Walter Goldschmidt (2005) The Bridge to Humanity: How Affect Hunger Trumps the Selfish Gene Oxford University Press

**Fuentes, A. (2009) Evolution of Human Behavior, Oxford University Press.

Hawkins D. R. (2014) Il potere dei condizionamenti. Macro Edizioni, Cesena.

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