Come NON aiutare gli altri

Come NON aiutare gli altri

Trattate le persone come se fossero ciò che dovrebbero essere

e aiutatele a diventare ciò che sono capaci di essere.

Johann Wolfgang von Goethe

Diverso tempo fa, un utente della chat mi contattò per chiedermi come poteva essere utile ad una persona della sua vita che passava un momento difficile, poiché nonostante passassero ore e ore ad analizzare ogni dettaglio della brutta faccenda, le cose sembravano non cambiare mai. Questo utente, dunque, comprensibilmente frustrato, mi riportava una semplice domanda:

“Che cosa devo fare per aiutare questa persona?”

Il desiderio di aiutare una persona in difficoltà, sia che ci sia cara o che sia un completo sconosciuto, è insito nella nostra stessa natura di esseri umani; siamo “programmati” per entrare in empatia con le altre persone – anche se non sempre ci viene così naturale.

Aiutare ci fa sentire bene, ci dà un senso di significato e ci mette in connessione profonda con un’altra persona; anche se solo per un attimo.

Eppure, non sempre le cose vanno così splendidamente e questo utente stava cercando di dirmi proprio questo;

Nonostante le sue buone intenzioni, tutti i suoi sforzi sembravano completamente inutili.

Quello che spesso ci sfugge è che non basta voler fare del bene per far crescere buoni frutti, poiché se non sappiamo davvero quello che stiamo facendo, rischiamo di non aiutare proprio nessuno e anzi, di finire per ottenere l’effetto contrario.

Ad esempio, finendo per danneggiare proprio la persona che intendevamo aiutare, con il rischio di compromettere il rapporto e, non di meno, di far del male anche a noi stessi.

Quante volte, infatti, vi siete ritrovati sfiancati da una persona che nonostante tutti i vostri sforzi restava bloccata nei soliti circoli viziosi? E quante volte vi siete tuffati per salvare qualcuno, finendo proprio voi trascinati dalla corrente?

Ecco alcuni errori che potremmo compiere quando vogliamo aiutare una persona.

Quando aiutiamo qualcuno per evitargli di sbagliare

Chissà quante volte siamo rimasti stupiti di fronte ad una scelta o ad un comportamento dell’altro che per noi era palesemente sbagliato. Quello che facciamo, di solito, è emettere un giudizio, per cui affermiamo con veemenza frasi del tipo “Non capisco perché non lo lascia”, “Deve accettare quel lavoro o se ne pentirà per sempre” e via così con la nostra ingenua saccenza; una che vorrebbe vedere le persone non complicarsi la vita, procedendo in maniera ordinata e lineare, dalla A alla Z.

Qui però rischia di esserci una premessa errata, una per cui tutte le persone dovrebbero essere uguali; il viaggio che ognuno di noi compie è unico non ci sono istruzioni valide a priori o regole che una volta imposte possano risolvere automaticamente un problema. Quando riteniamo che una persona stia sbagliando, dobbiamo capire che questa è una nostra valutazione, compiuta attraverso la lente con cui NOI interpretiamo la realtà.

In fondo, non è tanto importante quali scelte facciamo nella vita, ma quanto queste scelte siano nostre, maturate dalle nostre stesse riflessioni e magari con l’aiuto di qualcuno che ci faccia sentire compresi, accettati e sostenuti, nella libertà di compiere i nostri errori.

 

Nulla è più comune di una persona pronta a dar consigli

e nulla più raro di una pronta a fornire aiuto.

Voltaire

Quando aiutiamo qualcuno per evitargli di soffrire

Che cosa c’è di male nel tendere la mano a qualcuno che ne ha bisogno o nel sentire il desiderio di proteggerlo dalla sofferenza?

Intanto, quello di cui una persona ha bisogno, non sempre corrisponde anche a quello che vuole; perciò, dandogli quello che vuole, non gli stiamo necessariamente fornendo quello di cui ha bisogno.

Inoltre, il rischio è quello di rendere quella persona dipendente dal nostro intervento.

Quando ci concentriamo solamente sui bisogni immediati di qualcuno, ma non ci preoccupiamo d’insegnare loro come prendersi cura di loro stessi, in un certo senso li rendiamo prigionieri nostri o di chi per noi.

Se un individuo deve dipendere da un altro per condurre la propria vita o per ottenere felicità e successo, allora non può essere davvero libero.

Questo tipo di dipendenza può essere utile, ma solo in quei casi in cui un individuo non è in grado di prendersi cura di sé (per esempio, a causa di un grave disturbo fisico o mentale). Altrimenti, alimentare questo tipo di dipendenza è normalmente dannoso e non salutare.

Tra l’altro, per quanto ci addolori vedere qualcuno che soffre, non sta a noi proteggere quella persona da qualcosa che fa parte della sua esperienza.

Quante volte vi sarà capitato di correre in aiuto di una persona che vi sembrava incappasse sempre nello stesso problema? Risolvere voi il problema al posto suo, quindi, gli ha insegnato qualcosa al riguardo? Forse, gli ha solo insegnato che ci sarete voi a sistemare tutto, non vi pare?

Una volta, una paziente mi portò un lampante esempio di questo meccanismo, che lei stessa stava iniziando a capire con profondo stupore.

Un giorno, mentre osservava suo nipote di 3 anni giocare con un puzzle di forme geometriche, le venne l’improvviso desiderio di aiutarlo. Lo guardava mentre non riusciva a trovare dove andasse incastrato il pezzo che teneva in mano e la sua espressione sofferente le stava spezzando il cuore. Stava per inserire il pezzo al posto suo, quando si rese conto di una semplice cosa; evitargli di soffrire in quel momento, gli avrebbe impedito di trovare una soluzione da solo e così, di trarre soddisfazione proprio da questo; dal senso di competenza personale che si prova nel superare un ostacolo e lasciarselo alle spalle, e dall’apprendimento che ne deriva.

Evitare a qualcuno di soffrire, cioè, è come evitargli di provare gioia e, soprattutto, di crescere. Gioia e dolore sono facce di una stessa medaglia che abbiamo bisogno di sperimentare nella sua totalità affinché l’esperienza sia piena, ricca, fonte di apprendimento per tutte le prove future che ancora ci aspettano lungo la strada della vita.

Non per questo soffrire diventa bello o piacevole, non è questo il senso. Ma di certo, può guadagnare ai nostri occhi una connotazione molto più positiva. È solo soffrendo, infatti, che traiamo importanti lezioni che ci insegnano a vivere.

Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno.

Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.

Proverbio Cinese

Quando aiutiamo qualcuno che non ci ha chiesto aiuto

Un altro tipico errore che commettiamo nel tentativo di aiutare gli altri è nel cercare di farlo verso chi, più o meno esplicitamente, non ha chiesto aiuto. Quando cerchiamo di cambiare qualcosa contro la volontà altrui, rischiamo di peggiorare la situazione. Per esempio, la persona che vogliamo aiutare potrebbe finire per fare l’opposto di ciò che le diciamo di fare, in un atto di ribellione contro la sensazione d’invasione che gli stiamo provocando. O, magari, potrebbe semplicemente smettere di renderci partecipi della sua vita per evitare di sentirsi “fare la predica” in ogni momento.

Se non ci viene chiesto aiuto, è importante rispettare questo desiderio. Come già detto, non possiamo essere certi di sapere che cosa sia meglio per tutti e, qualche volta, la prospettiva di un altro è semplicemente molto diversa dalla nostra.

Allo stesso modo, dimostrare di non avere alcuna considerazione per l’altrui punto di vista, fa sentire la persona incompresa e ostacolata. Anche se credete che sia così evidente il suo bisogno di aiuto, ricordatevi che nessuno ha la verità in tasca e quello che per voi non ha senso, può averne eccome per un’altra persona.

Per aiutare, bisogna anzitutto averne il diritto.
Fëdor Dostoevskij

Quando cerchiamo di intervenire su ciò che è al di fuori del nostro potere

Un altro errore che rischiamo di fare quando vogliamo aiutare qualcuno, è quello di tentare di cambiare ciò che è al di fuori del nostro controllo. Poiché, quando interveniamo in un problema, specialmente quelli di cui sappiamo ben poco o di cui non abbiamo esperienza, possiamo finire per peggiorare le cose.

È importante accettare che non siamo in grado di cambiare la vita di un’altra persona; solo lei stessa potrà farlo.

È proprio in questi casi che spesso mi ritrovo la famosa domanda “ma come lo aiuto?” e non poche persone si sono infastidite nel sentirmi rispondere “lo puoi ‘solo’ ascoltare”.

Tendiamo a sottovalutare, infatti, il potere dell’ascolto. In realtà, un’apertura autentica verso il mondo dell’altro, significa comprenderlo e vi assicuro che, spesso, non vi servirà altro per tendere una mano.

Quando vi permettete di osservare il mondo che l’altro vi porta senza giudizio, con la sola intenzione di comprendere, mettete in moto una delle forze più potenti che ci siano. Accendete nell’altro la consapevolezza di un senso a quello che gli accade, una chiarezza diversa sulle proprie scelte e intenzioni e, così, non solo voi potete comprenderlo meglio, ma, cosa più importante, è lui, di riflesso, a comprendersi meglio. E un essere umano ha il potere di cambiare solo ciò che arriva a comprendere e a conoscere attraverso i propri occhi.

Quando si viene ascoltati ed intesi, situazioni confuse che sembravano irrimediabili

si trasformano in ruscelli che scorrono relativamente limpidi.

Carl Rogers

Quando aiutiamo per ricevere

A volte, cerchiamo di aiutare qualcuno per i motivi sbagliati. Per fare “bella figura”, per poter chiedere a nostra volta aiuto se ne avremo bisogno, per sentirci accettati, stimati, amati. Il problema di queste aspettative è che non si avverano quasi mai, proprio perché non sono realistiche. A volte, finiamo per allontanare proprio chi volevamo avvicinare, o magari finiamo per covare rancore a causa di tutte le rinunce compiute per aiutare l’altra persona. Quello che accade in un rapporto non può essere frutto di una formula matematica; per questo è necessario agire per come ci si sente, entro i propri limiti e senza aspettarsi consapevolmente nulla.
Inoltre, quando ci troviamo quasi ad ossessionarci per cercare di aiutare una persona (o gli altri in generale) dobbiamo chiederci che cosa, invece, abbiamo bisogno di fare per noi stessi. In questi casi, infatti, la nostra smisurata attenzione per i problemi altrui non è altro che una distrazione dai nostri stessi problemi. Può sembrare più facile risolvere ciò che è esterno, piuttosto che metterci a fare i conti con i nostri intricati e inafferrabili dilemmi interiori.

Credere di poter aiutare gli altri senza aver prima aiutato noi stessi, è solo un’illusione che rischia di far tutto tranne che migliorare le cose.
Quando decidiamo di aiutare senza aspettarci qualcosa in cambio, diventiamo anche noi liberi dall’obbligo di restituire qualcosa a chi ci aiuta. Per liberare spazio e scoprire che in quello spazio ci siamo proprio noi e i nostri bisogni inascoltati.

La solidarietà è l’unico investimento che non fallisce mai.
Henry David Thoreau

E voi, come state aiutando le persone che vi circondano?

Se volete, fatemelo sapere nei commenti e se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo!

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