Tutto ciò che ti irrita negli altri dice qualcosa di te

Tutto ciò che ti irrita negli altri dice qualcosa di te
Dentro di noi abbiamo un’Ombra: un tipo molto cattivo, molto povero,

che dobbiamo accettare.

Carl Gustav Jung

Dobbiamo ammetterlo, ci sono alcune persone su questo pianeta che riescono a irritarci davvero profondamente. Che sia il vicino di casa, un nostro amico o un perfetto sconosciuto.

Vi siete mai chiesti seriamente il perché?

“Il mio vicino di casa cambia un cellulare al giorno, che spreco di soldi, mi sembra una persona superficiale.”

“Quanto mi danno fastidio le persone sgarbate! Chi si credono di essere?”

“C’è una collega che mi da sui nervi; non ascolta mai quello che le dico.”

Gli esempi potrebbero continuare e forse proprio ora state richiamando nella vostra mente qualcosa di analogo.

Quello che sfugge alla nostra attenzione e che, anzi, potrebbe sembrare quasi illogico, è che ciò che ci infastidisce negli altri, dice poco di loro e tanto su di noi.

Quando critichiamo duramente qualcuno o qualcosa, ci troviamo probabilmente di fronte ad una caratteristica della nostra stessa psiche che non vogliamo vedere e che non desideriamo accettare. Per questo, finiamo per “proiettarla” al di fuori di noi.

Teniamo fuori dalla nostra consapevolezza sentimenti, desideri e qualità che rifiutiamo, per appiccicarli su altri che meglio si prestano a prendere una cosa o un’altra (perché magari hanno davvero quell’aspetto che gli attribuiamo, ma possono anche non averlo per nulla) e questo per proteggere l’idea che abbiamo bisogno di mantenere di noi stessi.

Infatti, tutti noi abbiamo un “io ideale” al quale cerchiamo di corrispondere, è solamente che a volte questa idea è troppo. Troppo perfetta, troppo giusta, troppo… semplicemente troppo. E non siamo affatto disposti a mettere in discussione l’immagine a cui desideriamo corrispondere, perché questo significherebbe mettere in crisi il sistema di valori che usiamo per orientarci nella nostra vita.

L’uomo che ha imparato dal padre che i soldi non vanno mai spesi per le sciocchezze, vive senza concedersi nessuno sfizio e prova una segreta invidia nei confronti del vicino che invece sembra fare l’opposto con assoluta tranquillità.

La bambina che cresce credendo di dover sempre essere “brava”, prova fastidio nei confronti di chi a volte non è bravo e che, addirittura, se ne infischia se non lo è. Segretamente desidera quella libertà che non pensa di potersi concedere.

La ragazza che si irrita perché la collega non la ascolta, è poi la prima a non ascoltare la sua collega.

Tutto questo non avviene consapevolmente. Non decidiamo con coscienza di fare gli ipocriti o di coltivare segrete invidie. Inconsciamente, però, finiamo per tentare liberarci di tutto quello che viviamo come troppo doloroso o inaccettabile, così che possiamo risparmiarci di criticare proprio noi stessi e prendere finalmente sul serio i nostri dilemmi interiori.

Se odi qualcuno, vuol dire che in lui odi qualcosa che fa parte di te.

Ciò che non fa parte di noi non ci disturba.

Hermann Hesse

Dunque, ogni volta che siamo particolarmente giudicanti, stiamo in realtà giudicando noi stessi. Iniziare a capire questo può portarci tanti vantaggi. Prima di tutto ci offre molti spunti di crescita, se diventeremo capaci di mettere in discussione proprio noi ogni volta che qualcuno o qualcosa ci da fastidio. Inoltre, ciò ci aiuterebbe a inquadrare in maniera diversa anche le critiche che riceviamo dall’esterno.

Abbiamo spesso detto, infatti, che i giudizi degli altri altro non sono che opinioni dalle quali possiamo prendere spunto, oppure no. Proprio perché l’altra persona parla secondo il SUO sistema di valori, che può non avere molto a che fare con il nostro. Oppure, appunto, l’altro mette l’accento su temi che in fondo sono pregnanti per lui e non necessariamente per noi.

Gli altri, insomma, fungono da specchio che ci rimanda informazioni su di noi che, se saremo pronti a cogliere, potranno insegnarci tanto sui nostri punti deboli, come sui nostri punti di forza. Per questo, ciò che non ci piace negli altri, che non corrisponde alle nostre aspettative o ai nostri valori, può in realtà arricchire la nostra esperienza attraverso l’opportunità di conoscere e comprendere ciò che di noi resterebbe altrimenti nell’ombra.

Per capire meglio, provate a non pensare a tutto ciò che riguarda gli orsi polari per i prossimi 30 secondi. A che cosa state pensando? Probabilmente, proprio agli orsi polari, pur avendo tentato di distrarvi.

La nostra mente recepisce il comando di bandire un certo tema e risponde proprio cercando tutti pensieri al riguardo per sfuggirne. In fondo, se decidete di buttare i vestiti che non mettete più, la prima cosa da fare è andarli a cercare. Daniel Wegner, un professore di psicologia di Harvard, definisce questa ricerca come un “processo ironico”, proprio perché quando cerchiamo di reprimere la consapevolezza di qualcosa, tale processo seleziona tutto ciò che la riguarda e ce la mostra.

Dunque, per tentare di sentirci bene con noi stessi, cerchiamo di bandire tutto ciò che non accettiamo di noi attraverso uno sforzo continuo che ci rende ipersensibili a questi stessi temi e finiamo per concentrarci con un’insolita intensità sui più piccoli comportamenti degli altri che sfiorano proprio quella porta che cerchiamo disperatamente di tener chiusa.

Ciò è più facile da riconoscere negli altri, naturalmente, quando, ad esempio, notiamo che ci rimproverano per cose che fanno loro per primi.

“Gli dico bugie solo perché lui è un bugiardo.”

“Gli ho dato un sacco di sculacciate per aver picchiato il compagno di scuola.”

“Non l’ho lasciato in pace un attimo per fargli capire che a volte mi ossessiona con i suoi problemi e quanto la cosa mi dia fastidio.”

Raramente ci rendiamo conto delle nostre stesse illusioni e quando ci ritroviamo a pensare ossessivamente ai difetti degli altri, c’è una buona possibilità di esser finiti proprio in questa trappola.

Infatti, condannare gli altri per cose che sono dentro di noi, significa nascondersi da ciò che abbiamo bisogno di cambiare per imparare realmente a stare meglio con noi stessi.

E se, quindi, parte di ciò che ci serve per la nostra crescita fosse proprio nelle persone che ci danno fastidio o che addirittura odiamo?

Attraverso qualsiasi interazione possiamo scoprire qualcosa in più di noi. Quando riusciamo a dare un nome a ciò che ci da fastidio e arriviamo a comprendere perché ci faccia proprio quell’effetto, apriamo gli occhi su ciò che era già davanti a noi, ma che non potevamo vedere.

E voi, quale persona vi da più fastidio e perché? Che cosa ha a che fare questo con voi?

Se volete, fatemelo sapere nei commenti e se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo!

6 Commenti

  1. NormaJane

    Buongiorno. Leggendola ho modo di capire meglio il mio punto di vista. Atteggiamenti degli altri che a me irritano , mi danno fastidio perchè non li tollero ma non perchè li trovo dentro di me. o per lo meo non è sempre così.

    Rispondi
      • Lorna Adele

        Buongiorno ! Sono capitata oggi a leggere questo articolo e l’ho trovato molto interessante.

        Mi piacerebbe davvero capirlo in modo chiaro. Ci sono atteggiamenti piuttosto lascivi, da “gatta morta” per intenderci, di alcune colleghe sul luogo di lavoro che mi irritano parecchio.
        Il più delle volte cerco di non farci nemmeno caso, ma quando succede mi sento proprio nauseata.
        Vorrei essere anche io così?? Mah, credo che non riuscirei più a guardarmi allo specchio.

        Grazie

        Rispondi
        • Barbara Persichetti Auteri

          Salve Adele, grazie!
          Si è posta una bella domanda; che cosa implica per lei avere questi atteggiamenti da gatta morta? Che cosa nella sostanza la infastidisce?
          Le faccio un esempio su un caso analogo: Una volta una paziente arrivò a comprendere che quello che le dava fastidio è che senza alcun merito, nel suo metro di misura, queste persone attraessero attenzioni e consensi, proprio come accadeva nella sua famiglia, dove lei si era sentita sempre messa in ombra da una sorella “alta, bionda e bella” che “bastava sbattesse le ciglia per avere quello che voleva”. Compreso questo, non ha più provato fastidio in situazioni simili, essendo più consapevole di quale davvero fosse il punto. Le rispondo con qualcosa che sicuramente non la riguarda e semplificando all’osso, anche per dire che ogni caso è a sé, e solo per la nostra propria storia potremo arrivare a darci delle risposte. Però spero di averle dato uno spunto.
          Un abbraccio

          Rispondi
  2. maurizio

    mi è capitato (per caso?) di leggere questo articolo.

    conoscevo il concetto ma qui l’ho trovato molto ben spiegato.

    complimenti.

    maurizio

    Rispondi

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *