Alla ricerca di un colpevole
Accusare gli altri delle proprie disgrazie è conseguenza della nostra ignoranza; accusare se stessi significa cominciare a capire; non accusare né sé, né gli altri, questa è vera saggezza.
Epitteto
Quante volte ci capita di pensare che sia avvenuto un qualche fenomeno di allineamento cosmico, che come risultato ha portato a tutti i problemi che ci perseguitano. La classica situazione che definiremmo come un’ingiustizia che non ci siamo meritati.
Infatti, nella vita non sempre le cose vanno come le desideriamo e delle volte possiamo solo prenderne atto senza la possibilità di fare nulla, se non di abbandonarci occasionalmente allo sconforto.
E possiamo anche accettare che non tutto sia sotto al nostro controllo, ma non per questo ne soffriremo di meno; accuseremo il colpo, per poi rialzarci e proseguire.
Quando, però, diventa difficile andare avanti e piuttosto frequente credere che i nostri problemi dipendano dagli altri, ci incastriamo in una visione del mondo amareggiata, rancorosa, negativa, dove sentiamo che un nostro qualsiasi sforzo sarà insufficiente.
“Il mondo è un brutto posto, ognuno pensa solo a sé stesso e altro non vuole che soddisfare i propri interessi.”
Allora, si entra in un circolo vizioso di pessimismo, in cui il gioco della colpa diventa l’unico modo per dare senso a ciò che accade.
“E’ colpa della crisi, dei miei genitori, della mia salute…(…ma mai delle mie azioni e delle mie scelte. Io non ho responsabilità, la mia vita non dipende da me!)”
Eppure, abbiamo continue dimostrazioni di persone che, nonostante gli ostacoli, con la loro vita riescono a fare ciò che vogliono.
E che questo non ci serva per sentirci peggio, ma per riflettere su come questi individui abbiano imparato ad usare un potenziale già presente in loro e sull’idea di poter fare altrettanto.
Le catene che ti bloccano al passato, non riguardano le azioni di altri. Esse nascono dalla tua stessa rabbia, testardaggine, gelosia, mancanza di compassione e dalla tendenza a incolpare gli altri delle tue stesse scelte. Non sono gli altri ad intrappolarti, ma il tuo ruolo di vittima. Shannon L. Adler
Prendere il ruolo di vittima, scaricando le colpe per le proprie disgrazie su tutti e tutto tranne che su di sé, permette di alleggerire dalle proprie responsabilità, ma, allo stesso tempo, priva del senso di controllo sulla propria vita che dovrebbe essere presente in ciascun essere umano.
Se, dunque, è comprensibile ciò che proviamo nei confronti dei problemi (o quelli che viviamo come tali), questo atteggiamento diventa controproducente e, alla lunga, rischioso per il proprio benessere generale quando si trasforma in uno stile di vita.
Stress, ansia e depressione, sono solo alcune delle problematiche che possono iniziare a presentarsi, per non parlare delle ripercussioni sulle relazioni, in particolare, su quelle usate come ancora di salvezza, che, con il tempo, si deteriorano.
Da dove iniziare?
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Diventate consapevoli. Il vostro modo di fare è ormai un’abitudine radicata in ogni aspetto della vostra quotidianità. La prossima volta che vi ritroverete a incolpare qualcuno per aver perso l’autobus o mancato la consegna di lavoro, chiedetevi in che modo voi e solamente voi, avreste potuto cambiare le cose. E’ possibile che stiate recitando il ruolo della vittima?
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La scelta è vostra. Anche quando non scegliete, state scegliendo di lasciare agli altri la responsabilità della vostra vita, rendendoli potenziali colpevoli di qualcosa che non gli appartiene affatto (se, ad esempio, non riescono ad aiutarvi). Il gioco della colpa, in questo caso, diventa ancora più pericoloso perché l’altro potrebbe caderci, entrando attivamente a far parte del meccanismo originario.
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Iniziate a parlare in modo diverso. Quando vi succede qualcosa di negativo, rendetevi conto del modo in cui vi esprimete. Assolutismi come “mai” o “sempre”, rendono più rigido il modo in cui sperimentate la realtà. Quanto sarebbe diverso dire “sono stati due giorni negativi” invece di “mi va sempre male”? Come anche le frasi che citano l’intera umanità, quando invece, ammettiamolo, non possiamo conoscere la vita di tutta la popolazione mondiale. E allora il “Fanno tutti così” porta a chiedere: “Ma tutti chi?”.
Infatti..
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Non fate paragoni dai quali uscirete distrutti. Non conoscete abbastanza la vita degli altri per decidere che hanno più fortuna e più occasioni di voi. La vita è difficile per tutti, anche per la persona che nasce ricca e in salute.
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Fate paragoni dai quali uscirete almeno in pareggio. Considerando il punto precedente, se proprio volete fare dei confronti imparate a cercare anche gli aspetti difficili di chi sembra che dalla vita abbia avuto tutto. Non credete che queste persone abbiano subìto disgrazie, fallimenti e imprevisti per arrivare dove sono? La felicità non piove dal cielo, ma si costruisce consapevolmente, con le proprie mani e con il sostegno di chi ci circonda.
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Non cercate soluzioni magiche. Se trovate una soluzione comoda e immediata per risolvere la vostra vita, cambiate strada e scegliete quella con più buche. Sarà faticosa, ma vi porterà lontano (un passo alla volta).
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Tacete. Basta lamentarvi, gli altri non riescono più a starvi accanto e voi non avete risolto nulla. Iniziate a capire che cosa fare invece, e agite!
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Prendetevi meno sul serio. Prendetele in giro le vostre sventure e vedrete che perderanno il loro peso opprimente. Non si tratta di “ridere per non piangere”, altrimenti rischiate di mascherare i vostri reali sentimenti, ma di trovare il lato comico che vi permetterà di allargare la vostra visione dal puntino nero, all’intero foglio bianco.
Se qualcuno accanto a voi sembra avere questa tendenza, fate attenzione a non prendere il ruolo del salvatore. E’ una strada minata per entrambi che rischia di alimentare il problema e di rovinare il rapporto.
Se aiutare gli altri ci mette in condizione di stare male, dovremmo chiederci perché lo stiamo facendo e se stiamo davvero aiutando qualcuno.
Ricordate che, quando veniamo al mondo nessuno ci fornisce un manuale di istruzioni; la cosa migliore è cercare di farne uno di nostro pugno, composto delle nostre esperienze, nell’ottica di poter sempre migliorare e cambiare il nostro mondo per come lo vorremmo.
La paura ci accompagna tutti, la differenza sta nel decidere se farà da contorno o se da portata principale.
Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti. Winston Churchill
Se sentite di non farcela, chiedete aiuto allo psicologo.
E voi? Quale potrebbe essere la prima scelta da compiere per cambiare le cose?
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